Macau meravigliao
Quasi un'ora di aliscafo per arrivarci e, nel nostro caso, immersi nel grigiore di una giornata fredda e piovosa. Con lo sguardo incollato al vetro per evitare di vomitare, non riuscivo a distinguere la linea del mare da quella del cielo. Per fortuna al timone non c'era Schettino e quindi nessun inchino e pochi scogli fino all'approdo nel porto di Macau.
La prima sensazione è quella di tornare improvvisamente a casa e, per casa, intendo Europa. A Macau, infatti, tutti i cartelli e la segnaletica sono sia in cinese che in portoghese. Grazie Portoghesi ! Veramente. Grazie di esserci stati anche se tanto tempo fa (fine '500) e peccato che a Taiwan siate venuti, alla fine, solo per farvi un bagnetto e nulla più.
L'emozione nel riuscire, finalmente, a leggere di nuovo il nome delle strade e dei negozi è impagabile. Certo fa un po' strano trovarsi davanti alla Pastelaria Chi Heung ma che meraviglia addentare un dolcetto con nata (crema in portoghese).
A chi dovesse trovarsi a Macau, consiglio comunque il classico sightseeing sull'autobus a due piani ma, soprattutto, se la temperatura esterna non supera i 7 gradi, cosa, credo, rarissima in quella zona. Altrimenti, non c'è gusto. E si, perchè gli autobus in questione di piani, in realtà, ne hanno uno solo, quello in alto e, quindi ovviamente scoperto. In basso ci sono solo l'autista e la guida con il riscaldamento a palla.
Io ho temuto il decesso per congelamento mentre attraversavamo a tutta velocità l'ennesimo ponte chilometrico che collega Macau all'isola dei Casinò.
Per il resto l'unico stop degno di nota è sicuramente in centro città dove sono sopravvissute ancora delle strade e delle architetture di chiara impronta portoghese. Il resto è stato sviluppato e devastato dalla grande perizia edilizio-estetica cinese che, anche qui, ha optato per palazzi di altezza considerevole e superstrade che ci passano attraverso.
Inutile dire che, a Macau, il concetto di Bus hop on and off non funziona molto perchè, ad ogni fermata, ti chiedi : Ma chi me lo fa fare di scendere qui ? Piuttosto il congelamento.
Dopo un pranzo consumato con forchetta e coltello, altro gradito retaggio portoghese, meno forse la lentezza nel servizio, ci siamo diretti alla zona dei Casinò, con la speranza, almeno la mia, di poter rientrare a Hong Kong in elicottero piuttosto che in nave. Ci siamo infilati nel più vicino, un hotel gigantesco con, al piano terreno, una sala immensa piena di testine nere accanite su slot machines e roulettes.
Scartati i giochi più impegnativi (per me lo è anche la scala quaranta) anche perchè impauriti dalle capacità calcolatorie degli asiatici, ci siamo avvicinati ad un tavolo di roulette.
Quindici minuti scarsi sono bastati per farci mangiare tutte le fiches e consolarci con una birretta al Caffè Florian in quel di Venice, il casinò.
Inutile dire che a Hong Kong siamo rientrati in nave, al buio e con lo stomaco in bocca. Però contenti.
Commenti
Posta un commento