Durerà?
Mi sono tenuta alla larga da qualsiasi fitness centre fino ad oggi, salvo alcuni goffi tentativi per altro miseramente falliti solo perché ci andavano tutti. Il rumore metallico e secco dei pesi che cadono, i latrati di dolore di chi si presta a dei supplizi per sentirsi meno in colpa davanti a una fetta di torta, la puzza di sudore negli spogliatoi, ma soprattutto lo sguardo da serial killer che molti assumono non appena in braghette e top Lululemon, mi hanno sempre un po’ intimidito.
Ma alla soglia dei 50, un po’ guasta e praticamente in menopausa mi è stato suggerito di andarci però con la supervisione di un coach soprattutto, io credo, per evitare danni. Il povero malcapitato si chiama Eugene e la palestra - stavo per scrivere la mia palestra ma non siamo ancora intimi - si trova all’ultimo piano del palazzo con gli uffici dell’agenzia delle entrate: in Italia non ci andrebbe nessuno.
Tre sono finora le sfide più grandi per me: trovare il numerino del locker senza occhiali perché li metto già via nello zaino prima di entrare nello spogliatoio, trovare Eugene dopo ogni water break perché i coach si assomigliano un po’ tutti e quindi io mi accodo sempre a quello sbagliato, capire come posizionarsi sulle macchine al primo colpo. L’esercizio più demenziale per il momento resta spingere avanti e indietro un tavolo di acciaio con le gambe in su come se fosse un tosa erba.
Comunque tutto ciò mi fa sentire molto bene: ho già finito una scatola di paracetamolo e mezza di sleeping pill per riuscire a dormire la notte nonostante i dolori ai muscoli e l’incubo di doverci tornare. #palestra #machitelofafare #singapore
Commenti
Posta un commento