Riflessioni
È piacevole andare in ospedale ed essere riconosciuti dal personale di turno. How are you ? How's your baby ?
Al PCC (Priority Care Center) del Taiwan Adventist Hospital sono ormai di casa grazie a Ming. E ogni volta che ci vado, casco su qualche amico o conoscente occidentale. Inutile dire che i primi minuti di conversazione sono un po' imbarazzanti perchè, a meno di chiari segnali (una gessatura, un bimbo, un occhio gonfio), si evita reciprocamente di sondare le ragioni per cui si è lì, anche se permane la curiosità. Una situazione decisamente difficile da gestire per una persona come me, naturalmente portata alle gaffes e, talvolta, impacciata. Ragion per cui mi sono imposta il silenzio. Ieri, ho sorriso e salutato una coppia di amici americani e poi zitta al mio posto con lo sguardo fisso sull'iphone. Secondo me lei è incinta ...
Detto questo, la cosa che, ieri, mi ha sorpreso, ancora una volta, è come sia radicata, in questo paese, la cultura del servizio e l'estrema dignità con cui si lavora nelle condizioni meno ottimali, svolgendo, talvolta, mansioni noiose e ripetitive.
All'ingresso del parcheggio sotterraneo del Taiwan Adventist Hospital, ti aspettano sempre due tipi in uniforme catarinfrangente. Uno fuori, sul ciglio della strada, ti indica con una paletta colorata l'accesso al parking, dovessi mancarlo nonostante l'eccellente segnaletica, l'altra, una donnina, estrae il biglietto dal distributore in modo da evitarti il disturbo di allungare il braccio dal finestrino e pigiare il bottone rosso. Ma non te lo dà così tanto per dartelo. No, si profonde in inchini prima, durante e dopo. E non inchini accennati ma piegamenti del busto a 90 gradi.
Il tutto, sorridendoti come se tu fossi una sorta di Messia o il Dalai Lama.
Le stesse flessioni le fanno anche "gli angeli" degli ascensori, come le chiamo io, nel grande magazzino giapponese Mitsukoshi.
Deliziose signorine, con tailleurino rosa e cappellino, passano la giornata a chiedere alla gente : Sale o scende ? Che piano ?
Poi entrano con te nella cabina e ti schiacciano il piano, scomparendo con un inchino e le mani conserte, appena prima che si chiudano le porte.
E per concludere, il mio sartino. Nessun inchino ma quest'ometto dall'età indefinibile trascorre le sue giornate in un bugigattolo nel seminterrato di un edificio governativo. Nessuna finestra, odore di brodo e di fritto proveniente dalla mensa vicina, eppure lui è lì chino sulla sua macchina da cucire, perennemente sorridente.
Non posso pensare che non perdano mai le staffe. Chissà cosa succede nell'intimità delle loro case. Magari prendono a bacchettate mariti e mogli o si attaccano alla bottiglia di kaolian, liquore locale.
Credo che la maggior parte si sfoghi nel traffico perchè molti Taiwanesi sono dei guidatori aggressivi ed indisciplinati.
Tuttavia, spesso, rido pensando a delle situazioni analoghe in Italia. Ve la immaginate un'impiegata della Rinascente che, sorridente, vi attende agli ascensori per schiacciarvi il piano ?
Ma che se lo schiaccino loro. Io vado a bermi un caffè con la Luisa.
Al PCC (Priority Care Center) del Taiwan Adventist Hospital sono ormai di casa grazie a Ming. E ogni volta che ci vado, casco su qualche amico o conoscente occidentale. Inutile dire che i primi minuti di conversazione sono un po' imbarazzanti perchè, a meno di chiari segnali (una gessatura, un bimbo, un occhio gonfio), si evita reciprocamente di sondare le ragioni per cui si è lì, anche se permane la curiosità. Una situazione decisamente difficile da gestire per una persona come me, naturalmente portata alle gaffes e, talvolta, impacciata. Ragion per cui mi sono imposta il silenzio. Ieri, ho sorriso e salutato una coppia di amici americani e poi zitta al mio posto con lo sguardo fisso sull'iphone. Secondo me lei è incinta ...
Detto questo, la cosa che, ieri, mi ha sorpreso, ancora una volta, è come sia radicata, in questo paese, la cultura del servizio e l'estrema dignità con cui si lavora nelle condizioni meno ottimali, svolgendo, talvolta, mansioni noiose e ripetitive.
All'ingresso del parcheggio sotterraneo del Taiwan Adventist Hospital, ti aspettano sempre due tipi in uniforme catarinfrangente. Uno fuori, sul ciglio della strada, ti indica con una paletta colorata l'accesso al parking, dovessi mancarlo nonostante l'eccellente segnaletica, l'altra, una donnina, estrae il biglietto dal distributore in modo da evitarti il disturbo di allungare il braccio dal finestrino e pigiare il bottone rosso. Ma non te lo dà così tanto per dartelo. No, si profonde in inchini prima, durante e dopo. E non inchini accennati ma piegamenti del busto a 90 gradi.
Il tutto, sorridendoti come se tu fossi una sorta di Messia o il Dalai Lama.
Le stesse flessioni le fanno anche "gli angeli" degli ascensori, come le chiamo io, nel grande magazzino giapponese Mitsukoshi.
Deliziose signorine, con tailleurino rosa e cappellino, passano la giornata a chiedere alla gente : Sale o scende ? Che piano ?
Poi entrano con te nella cabina e ti schiacciano il piano, scomparendo con un inchino e le mani conserte, appena prima che si chiudano le porte.
E per concludere, il mio sartino. Nessun inchino ma quest'ometto dall'età indefinibile trascorre le sue giornate in un bugigattolo nel seminterrato di un edificio governativo. Nessuna finestra, odore di brodo e di fritto proveniente dalla mensa vicina, eppure lui è lì chino sulla sua macchina da cucire, perennemente sorridente.
Non posso pensare che non perdano mai le staffe. Chissà cosa succede nell'intimità delle loro case. Magari prendono a bacchettate mariti e mogli o si attaccano alla bottiglia di kaolian, liquore locale.
Credo che la maggior parte si sfoghi nel traffico perchè molti Taiwanesi sono dei guidatori aggressivi ed indisciplinati.
Tuttavia, spesso, rido pensando a delle situazioni analoghe in Italia. Ve la immaginate un'impiegata della Rinascente che, sorridente, vi attende agli ascensori per schiacciarvi il piano ?
Ma che se lo schiaccino loro. Io vado a bermi un caffè con la Luisa.
Leggi, se riesci perché è nell'inserto di Milano di oggi sul Corriere,la lettera indirizzata da una signora a Isabella Bossi Fedrigotti intitolata "Quando nei locali del lusso manca un elemento: la cortesia". Trattasi di Bastianello e calza a ...pennello!
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