Winter is ...
A Montreal, d'inverno, si parla essenzialmente di due cose, del freddo e di hockey.
Ma di hockey se ne parla tutto l'anno e, francamente, rimane uno sport che non è riuscito ancora a conquistare il mio entusiasmo. Il freddo e la neve rappresentano invece, per almeno, tre o quattro mesi, la mia sfida quotidiana dal momento in cui apro la porta di casa al mattino a quando rientro, sfinita, la sera.
Negli ultimi giorni, la temperatura è scesa ampiamente sotto lo zero, regalandoci delle giornate con -20 gradi in cui se la permanenza all'esterno supera i dieci minuti, senti, a partire dal naso, diverse parti del corpo creparsi come un iceberg.
Per fortuna esiste l'auto riscaldata in cui trascorro buona parte delle mie giornate tanto che, forse, un giorno quasi quasi l'arrederò. Tuttavia, il trasferimento dal caldo di casa a quello della macchina non è cosa semplicissima.
E in questi giorni da sola, Iduzzo via per lavoro, credo che mi abbiano sentito imprecare persino in Messico. Imprecazioni, tra l'altro, smorzate e trasformate all'ultimo in parole senza senso per evitare che i nani, attentissime spugne, le assorbano per poi ripeterle in ambito scolastico.
Di notte la temperatura scende ulteriormente, quindi, al mattino spesso le porte non si aprono. Mi aggrappo quindi alla maniglia e puntando i piedi contro la carrozzeria tiro fino a quando, finalmente, la dannatissima porta si sblocca facendomi però scivolare all'indietro con atterraggio di sedere nella neve. Mi ricompongo con gli occhi dei nani addosso : "Mamma, ma cosa fai ? " A questo punto li rincorro per posizionarli sui rispettivi seggiolini e mentre mi proietto all'interno del veicolo per fissare le cinture, tocco con le ginocchia la parte inferiore della carrozzeria ricoperta da uno schifosissimo strato di neve infangata di cui una parte, staccandosi, non solo mi macchia sempre i pantaloni ma, a volte, s'infila all'interno degli stivali fino a raggiungere, bagnare e congelare i piedi.
Nuova imprecazione. Mi sistemo al posto di guida, imposto retromarcia, alzo gli occhi e "cacc ... pita" non si vede un'emerita cippa. Il parabrezza è ancora congelato.
La prima volta che mi è successo, da inesperta, ho alzato al massimo la ventilazione, ho attivato i tergicristalli, sono scesa e ho cominciato a grattare con la mano, convinta che la parte congelata fosse quella esterna. No, era quella interna. E intanto "Mamma, cosa fai ? " Allora ho pensato di ricorrere all'aggeggio per levare la neve che teniamo nel bagagliaio, il cui portellone, però, era ovviamente ancora congelato e quindi non si apriva. Forget it.
Ho iniziato a grattare con il guanto ed il finissimo strato di ghiaccio ha cominciato a frantumarsi, scivolandomi addosso. " Mamma, cosa fai ? Andiamo che ho caldo !"
Non dirlo a me che, con tutte queste manovre e vestita da escursione antartica, ormai vedo palme al posto degli aceri. "Andiamo, Matteo, adesso andiamo."
Questo che è lo scenario di base che può, però, presentare ulteriori challenges come, per esempio, stamattina quando a complicarmi la vita ci si è messa anche una nevicata.
Le strade non ancora perfettamente pulite da, devo dirlo, un efficientissimo sistema di gatti della neve attivo giorno e notte, erano coperte da quel bastardissimo sottile strato di neve che trasforma anche un semplice tragitto in un numero acrobatico. Non solo perché una frenata repentina può spedire la tua macchina in direzioni inaspettate ma anche perché qualunque segnaletica sulla carreggiata scompare lasciando ampio spazio alla libera interpretazione. Ai semafori c'è chi si ferma troppo sotto, chi troppo indietro, chi proprio per niente. E nei parcheggi lungo i marciapiedi anche peggio. Allora ci si consulta dai vetri delle rispettive auto "Do you think this is a parking ? " oppure si scende e con lo stivale si spazza un po' di neve fino ad intravedere la maledettissima striscia di vernice bianca. Farla di un altro colore, rosso per esempio, no ?
Fatto sta che quando finalmente si giunge a destinazione, a scuola, da amici o ad un appuntamento, si è accolti come se si fosse reduci da una spedizione con slitte e Huskies in Alaska. In effetti, credo che la stanchezza che mi piomba addosso verso sera sia, più o meno, la stessa. "Mamma, cosa fai ? ". "Dormo, Matteo, dormo."
Vi segnalo, in proposito un articolo comparso su mtl.com. secondo cui, evidentemente, posso già considerarmi una Montrealer ad honorem.
http://www.mtlblog.com/2015/01/11-things-only-montrealers-understand-about-winter/10/
Ma di hockey se ne parla tutto l'anno e, francamente, rimane uno sport che non è riuscito ancora a conquistare il mio entusiasmo. Il freddo e la neve rappresentano invece, per almeno, tre o quattro mesi, la mia sfida quotidiana dal momento in cui apro la porta di casa al mattino a quando rientro, sfinita, la sera.
Negli ultimi giorni, la temperatura è scesa ampiamente sotto lo zero, regalandoci delle giornate con -20 gradi in cui se la permanenza all'esterno supera i dieci minuti, senti, a partire dal naso, diverse parti del corpo creparsi come un iceberg.
Per fortuna esiste l'auto riscaldata in cui trascorro buona parte delle mie giornate tanto che, forse, un giorno quasi quasi l'arrederò. Tuttavia, il trasferimento dal caldo di casa a quello della macchina non è cosa semplicissima.
E in questi giorni da sola, Iduzzo via per lavoro, credo che mi abbiano sentito imprecare persino in Messico. Imprecazioni, tra l'altro, smorzate e trasformate all'ultimo in parole senza senso per evitare che i nani, attentissime spugne, le assorbano per poi ripeterle in ambito scolastico.
Di notte la temperatura scende ulteriormente, quindi, al mattino spesso le porte non si aprono. Mi aggrappo quindi alla maniglia e puntando i piedi contro la carrozzeria tiro fino a quando, finalmente, la dannatissima porta si sblocca facendomi però scivolare all'indietro con atterraggio di sedere nella neve. Mi ricompongo con gli occhi dei nani addosso : "Mamma, ma cosa fai ? " A questo punto li rincorro per posizionarli sui rispettivi seggiolini e mentre mi proietto all'interno del veicolo per fissare le cinture, tocco con le ginocchia la parte inferiore della carrozzeria ricoperta da uno schifosissimo strato di neve infangata di cui una parte, staccandosi, non solo mi macchia sempre i pantaloni ma, a volte, s'infila all'interno degli stivali fino a raggiungere, bagnare e congelare i piedi.
Nuova imprecazione. Mi sistemo al posto di guida, imposto retromarcia, alzo gli occhi e "cacc ... pita" non si vede un'emerita cippa. Il parabrezza è ancora congelato.
La prima volta che mi è successo, da inesperta, ho alzato al massimo la ventilazione, ho attivato i tergicristalli, sono scesa e ho cominciato a grattare con la mano, convinta che la parte congelata fosse quella esterna. No, era quella interna. E intanto "Mamma, cosa fai ? " Allora ho pensato di ricorrere all'aggeggio per levare la neve che teniamo nel bagagliaio, il cui portellone, però, era ovviamente ancora congelato e quindi non si apriva. Forget it.
Ho iniziato a grattare con il guanto ed il finissimo strato di ghiaccio ha cominciato a frantumarsi, scivolandomi addosso. " Mamma, cosa fai ? Andiamo che ho caldo !"
Non dirlo a me che, con tutte queste manovre e vestita da escursione antartica, ormai vedo palme al posto degli aceri. "Andiamo, Matteo, adesso andiamo."
In famiglia si diverte solo lui |
Questo che è lo scenario di base che può, però, presentare ulteriori challenges come, per esempio, stamattina quando a complicarmi la vita ci si è messa anche una nevicata.
Le strade non ancora perfettamente pulite da, devo dirlo, un efficientissimo sistema di gatti della neve attivo giorno e notte, erano coperte da quel bastardissimo sottile strato di neve che trasforma anche un semplice tragitto in un numero acrobatico. Non solo perché una frenata repentina può spedire la tua macchina in direzioni inaspettate ma anche perché qualunque segnaletica sulla carreggiata scompare lasciando ampio spazio alla libera interpretazione. Ai semafori c'è chi si ferma troppo sotto, chi troppo indietro, chi proprio per niente. E nei parcheggi lungo i marciapiedi anche peggio. Allora ci si consulta dai vetri delle rispettive auto "Do you think this is a parking ? " oppure si scende e con lo stivale si spazza un po' di neve fino ad intravedere la maledettissima striscia di vernice bianca. Farla di un altro colore, rosso per esempio, no ?
Fatto sta che quando finalmente si giunge a destinazione, a scuola, da amici o ad un appuntamento, si è accolti come se si fosse reduci da una spedizione con slitte e Huskies in Alaska. In effetti, credo che la stanchezza che mi piomba addosso verso sera sia, più o meno, la stessa. "Mamma, cosa fai ? ". "Dormo, Matteo, dormo."
Vi segnalo, in proposito un articolo comparso su mtl.com. secondo cui, evidentemente, posso già considerarmi una Montrealer ad honorem.
http://www.mtlblog.com/2015/01/11-things-only-montrealers-understand-about-winter/10/
Effettivamente essendo un luogo dove nevica parecchio le strisce dovrebbero essere fosforescenti.
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