L'approdo
Oggi celebriamo una settimana dal nostro arrivo ufficiale. Mi sembra siano già passati sei mesi.
Rispetto al mio approdo a Taiwan, questo è stato decisamente più "soft" grazie ad un volo di una durata ragionevole, sette ore, ed al cinguettio delle hostess della British Airways che, credo, siano le nonne di quelle di Cathay. Le tengono in servizio fino all'imbalsamazione. Gentilissime con i loro cinquantamila "lovely" buttati lì come il prezzemolo, ci hanno servito gli immancabili sandwich con cheddar cheese e calde tazze di te.
I nani sono stati molto bravi. Non sembravano nemmeno i miei figli, cosa che mi è valsa diversi complimenti dell'equipaggio già in pensiero al nostro imbarco. Ho fatto una tale ruota da non riuscire a scendere dall'aereo.
L'unico neo delle dannate turbolenze oceaniche che mi hanno imposto un grande autocontrollo quando avrei voluto saltare in braccio ad una delle hostess carampane e implorarla di farmi scendere.
Poi siamo arrivati in America. Ad accoglierci un uomo sui centotrenta chili che ci ha indirizzati verso il controllo passaporti dove in coda, con noi, c'erano almeno altre duecento persone. Normalmente, cosa che ho fatto anche al Ben Gurion di Tel Aviv dove non ci vanno certo leggeri, avrei fatto un casino perché avrebbero dovuto pensare ad una corsia preferenziale per tutti coloro muniti di pargoli.
In questo caso, Iduzzo mi ha fatto presente che la rivolta non mi avrebbe aiutato ad ingraziarmi i tipi dell'ufficio immigrazione da cui siamo dovuti passare e dove abbiamo di nuovo attendere che, questa volta, una tipa sui centotrenta chili ci facesse tutte le domande del caso prima di metterci questo dannato timbro. A Taiwan, sono stati molto più accoglienti ma in fila all'immigrazione c'eravamo solo noi.
Ufficialmente in quel del Canada, siamo saliti in macchina, se così la possiamo definire, e siamo arrivati "a casa". Si, perché l'appartamento dove stiamo ora, in piena downtown, è provvisorio in attesa di trovare una sistemazione finale, cosa più complessa del previsto.
Stanchi e un po' disorientati siamo tutti caduti in un sonno profondo che è, però, durato fino alle due del mattino quando Ming si è svegliato : Mamma, voglio tornare a Taipei !
Chi ben comincia ...
Rispetto al mio approdo a Taiwan, questo è stato decisamente più "soft" grazie ad un volo di una durata ragionevole, sette ore, ed al cinguettio delle hostess della British Airways che, credo, siano le nonne di quelle di Cathay. Le tengono in servizio fino all'imbalsamazione. Gentilissime con i loro cinquantamila "lovely" buttati lì come il prezzemolo, ci hanno servito gli immancabili sandwich con cheddar cheese e calde tazze di te.
I nani sono stati molto bravi. Non sembravano nemmeno i miei figli, cosa che mi è valsa diversi complimenti dell'equipaggio già in pensiero al nostro imbarco. Ho fatto una tale ruota da non riuscire a scendere dall'aereo.
L'unico neo delle dannate turbolenze oceaniche che mi hanno imposto un grande autocontrollo quando avrei voluto saltare in braccio ad una delle hostess carampane e implorarla di farmi scendere.
Poi siamo arrivati in America. Ad accoglierci un uomo sui centotrenta chili che ci ha indirizzati verso il controllo passaporti dove in coda, con noi, c'erano almeno altre duecento persone. Normalmente, cosa che ho fatto anche al Ben Gurion di Tel Aviv dove non ci vanno certo leggeri, avrei fatto un casino perché avrebbero dovuto pensare ad una corsia preferenziale per tutti coloro muniti di pargoli.
In questo caso, Iduzzo mi ha fatto presente che la rivolta non mi avrebbe aiutato ad ingraziarmi i tipi dell'ufficio immigrazione da cui siamo dovuti passare e dove abbiamo di nuovo attendere che, questa volta, una tipa sui centotrenta chili ci facesse tutte le domande del caso prima di metterci questo dannato timbro. A Taiwan, sono stati molto più accoglienti ma in fila all'immigrazione c'eravamo solo noi.
Ufficialmente in quel del Canada, siamo saliti in macchina, se così la possiamo definire, e siamo arrivati "a casa". Si, perché l'appartamento dove stiamo ora, in piena downtown, è provvisorio in attesa di trovare una sistemazione finale, cosa più complessa del previsto.
Stanchi e un po' disorientati siamo tutti caduti in un sonno profondo che è, però, durato fino alle due del mattino quando Ming si è svegliato : Mamma, voglio tornare a Taipei !
Chi ben comincia ...
Coraggio....quello ne hai tanto, un po' vi invidio, ma nel senso buono del termine.
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