Appunti di viaggio #2

Di gente strana ne abbiamo incontrata anche in Nova Scotia dove siamo arrivati, in traghetto, dall'isola di Prince Edward. Paesaggio più selvaggio e suggestivo della precedente, soprattutto nella parte nord che, poi, è, di per se un'isola, Cape Breton, dove la strada costiera solletica highlands a picco nell'oceano.




Oltre a Wesley del whale watching tour, ci siamo imbattuti in altrettanti tipi ruspanti, ma cordiali nonostante un accento da brivido, un mix inquietante di inglese, scozzese ed irlandese. A differenza del Quebec orientale, da Quebec city alla Gaspesie dove prevale il "francese" e al tuo "desolé" ti rispondono "c'est correct" (dall'inglese it's alright), cosa che mi ha disorientato un paio di volte (Matteo si era chiuso dietro la porta della stanza d'albergo con la chiave all'interno. Alla reception, mi sono scusata e la signora mi ha sorriso, ripetendo diverse volte "c'est correct". No, non è correct, è "sbegliet" che mio figlio abbia fatto così. Poi l'illuminazione). Per non parlare dell'Acadie, la parte orientale della provincia di New Brunswick, l'unica ufficialmente bilingue, dove prolifera il tricolore francese con una piccola stellina gialla american style, a sottolineare che il cuore batte ancora per i mangia baguette. Poi, finalmente, l'isoletta di Prince Edward dove di filo francesi ce ne sono di meno fino alla Nova Scotia dove, ogni tanto, s'intravvede ancora qualche tricolore ma, nel complesso, sono più anglofoni.

Nelle nostre soste ai vari londromat per fare il bucato lercio da road trip, nei vari convenience store a comprare generi di conforto, è sempre scattata la chiacchiera con qualche locale o con un turista di passaggio. Mi è rimasta impressa la teoria di un tizio che lavava l'auto ad un self-service secondo cui è bene tenere sempre pulita la propria macchina perché, se sporca, offre più attrito e quindi consuma più benzina. E poi, Laurent, un ragazzo in viaggio da solo da Toronto che, credo, sia uno degli uomini più organizzati che esista. Attrezzatissimo per il campeggio in solitaria nel parco nazionale di Cape Breton, ci ha mostrato un campanellino ed una specia di spray, tipo Autan, scaccia orsi. Una veloce occhiata all'interno della sua macchina ed ho intravisto una serie di camicie ben stirate appese agli ometti. Al laundromat ci ha raccomandato di fare attenzione ai capi delicati per via di una lavatrice molto energica. Non mi ha sorpreso che, tu guarda, facesse l'ingegnere. Ci ha raccontato di avere una fidanzata a Toronto a cui ha detto molti "love you" telefonici, mentre Iduzzo cercava di far funzionare l'asciugatrice, ma quando ho saputo che si sarebbe trasferita a Montreal per lavoro, al mio "ti cerchi un lavoro lì allora ?", mi ha risposto "non penso". True love.



A Peggy's cove, forse, uno dei posti più turistici, ai piedi di un faro abbarbicato sugli scogli, sciami di asiatici, molti provenienti da Hong-Kong (ho origliato mentre compravano i francobolli per le cartoline) si sono fatti foto in ogni posa possibile per poi risalire sui loro pullman e scomparire. Nessuno si è avventurato per le stradine del villaggio a mezzo chilometro scarso dal faro dove, in una casetta sulla baia, un vecchio pescatore, uguale a Capitan Findus, vendeva vecchi utensili marini e gabbie per aragoste che avevo meditato di rubare in diverse occasioni poi scoraggiata dal peso e dal baule stracolmo.




La costa sud-est, sotto Halifax, ci è piaciuta molto perché più dolce ed ospitale di quella di Cape Breton, nonostante la parte orientale sia, comunque, meno selvaggia e paesini come Baddeck, dove ci siamo infilati nella festa dello yachting club locale, abbiano un'aria decisamente più raffinata.



La nostra permanenza in Nova Scotia si è conclusa attraversando un posto molto bello, del resto il nome è una garanzia, l'Annapolis Valley che si affaccia sulla Bay of Fundy, altra meta famosa per l'avvistamento delle balene. Abbiamo evitato una nuova escursione marina e ci siamo invece fermati a Dingby, famosa a livello mondiale (traduco il loro "world famous" ma con qualche riserva) per le scallops, le nostre capesante.



Il giorno seguente, con un traghetto di tre ore, abbiamo attraversato la Bay of Fundy e siamo tornati in New Brunswick, peraltro collegato anche via terra alla Nova Scotia, dove siamo risaliti verso nord lungo la St.John Valley, un fiume largo quanto il Po che attraversa paesini sperduti e casette. Qualche sosta ad uno dei tanti Dairy Bar lungo strada per inserire l'ennesimo milkshake con smarties e poi il richiamo di casa ha cominciato a farsi sentire e, quando mancavano, lo dirò all'americana, solo 600 km a Montreal, abbiamo deciso di darci dentro e di evitare l'ennesimo motel. Saggia decisione.
Dopo 5000 km, il sedere piatto, la pancia piena, la macchina in uno stato pietoso e nuovi ricordi, sono scesa nel basement a fare finalmente il bucato nella mia lavatrice.



Commenti

  1. Bellissime foto e gran bel viaggio! ;)

    Chicco

    RispondiElimina
  2. Che posti meravigliosi. Che effetto quella casa distrutta.

    RispondiElimina
  3. Grazie !! se vi capitasse di passare da quelle parti ...

    RispondiElimina
  4. Che belle foto! Ed anche il viaggio non deve essere stato da meno.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari