Money & Honey



Ieri pomeriggio sono andata a vedere un film, Money & Honey, nell'ambito della rassegna So far and extremely close che proietta, nell'arco di un mese, pellicole da diversi paesi asiatici.

Money & Honey non è un vero e proprio film ma piuttosto un documentario che segue, nell'arco di un decennio, la storia di un gruppo di filippine emigrate a Taipei per lavorare in una casa di riposo. Tutte giovani madri che decidono di abbandonare la propria famiglia, i figli ed il marito nella speranza di guadagnare soldi sufficienti per pagare gli studi dei ragazzi oppure il mutuo di una nuova casa, magari in muratura e con più di una stanza. Perché "No money, no honey", come il ritornello di un motivetto che le protagoniste canticchiano ogni tanto, nei rari momenti di pausa.

Arrivano a Taipei solo dopo aver firmato dei contratti di lavoro a tempo determinato (due, tre, cinque anni) che non permettono loro di tornare a casa, se necessario, e che le impegnano, spesso, sette giorni su sette con straordinari non retribuiti.

Tuttavia loro sono sempre sorridenti e, raramente, cedono allo sconforto. Sono donne forti e di cuore che si occupano dei vecchietti ospiti di questa casa di cura, decisamente spartana, con amore e dedizione. "Da quando siamo qui, loro sono la nostra famiglia e, come noi, sono spesso soli. Non li viene mai a trovare nessuno", racconta alla regista una delle interpreti.
Poco importa che, all'inizio, non ci si capisca. Con il tempo, masticano tutte un po' di cinese.
Quando il contratto termina, bisogna lasciare Taiwan e tornare a casa. A volte i soldi guadagnati sono sufficienti per "pagare i debiti ed impegnarsi in un mutuo di ventanni" o per vedere la foto della laurea dei figli più grandi, a volte finiscono subito e bisogna ripartire, trovare un nuovo contratto ed allontanarsi per altri anni. Spesso sono i mariti che se ne vanno, magari in Arabia Saudita a lavorare nei cantieri, ma qualche volta succede che la lontananza incrini il rapporto di coppia e che, al proprio ritorno, il marito non ci sia più o si sia trovato un'altra.

E intanto il tempo passa, si invecchia e ci si domanda se la propria vita sarà sempre e solo questo, nonostante l'affetto di fratelli, sorelle, figli e nipoti che, quando si rientra, ti accolgono da eroe e che, mentre sei via, si occupano dei tuoi bambini.

Credo che Money & Honey dovrebbe essere proiettato in tutte le scuole.
A Taiwan, e a Taipei, c'è una forte immigrazione di filippini impegnati a lavorare nelle strutture pubbliche ma anche in quelle private, come, del resto anche in Italia.
Io sono cresciuta con George, ormai una parte importantissima della nostra famiglia, e mi ricordo che, all'inizio, aveva lasciato nelle Filippine moglie e figli. Ventanni di sacrifici dopo, la sua famiglia vive a Milano con lui ed i suoi figli sono ottimi studenti.

A quanto pare, a Taiwan, le norme che regolano il soggiorno dei Filippini sono estremamente severe e le condizioni di lavoro durissime. Si sfrutta appieno il fatto che, venendo da condizioni spesso disperate, siano pronti a tutto e che dormire sul balcone o in un loculo sia sempre meglio che in una baracca come a casa loro. E, infatti, i Filippini non amano lavorare per i Taiwanesi, salvo eccezioni of course, ma preferiscono essere assunti dagli stranieri come noi. Ma attenzione, perché conosco dei "civilissimi" expat che, forse, a furia di mangiare dim sum, ho visto trattare i propri helper in modo veramente poco carino.

Io sto ancora cercando di convincere la nostra Amy che, a giorni, sostituirà (la) Jenny promessa sposa ad un australiano conosciuto su internet, a chiamarmi Anna e non Ma'am o Tai tai (signora in cinese). Amy è l'ultima di dieci fra fratelli e sorelle e ha una bimba di quattro anni che non vede da due. Però c'è Skype, mi ha detto, e quindi riesce per lo meno a parlarle la sera.
Quando la vedo giocare con Ming mi chiedo che cosa le passi per la testa. Nella mia, sicuramente, che sono una persona estremamente fortunata e che, come tanti altri, dovrei pensare più spesso a queste persone quando mi concedo il lusso di lagnarmi.
E così, ieri, alla fine della proiezione, complici anche gli ormoni, mi sono commossa quando ho visto salire sul palco una delle interpreti, pettinata e truccata per l'occasione, ma visibilmente intimidita ed emozionata da tanta attenzione. Mi sono semplicemente sentita di andare a stringerle la mano e di dirle thank u, mentre i taiwanesi, of course, si facevano fotografare insieme.


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