Uffa

Oltre alla stanchezza cronica, si aggiunge, in questi giorni, una forma di acuta insofferenza asiatica. Succede.
L'apice l'ho toccato sabato pomeriggio quando ho avuto la buona idea di portare Lady Ariberth a vedere il tanto decantato National Palace Museum, dove è conservato il preziosissimo bottino di capolavori d'arte imperiale cinese, messi in salvo, negli anni Trenta, durante un conflitto cino-giapponese, e poi spediti a Taiwan dai Nazionalisti di Chiang Kai Shek.
All'ennesimo vasetto di porcellana, speravo con uno schiocco di dita di far comparire un Piero della Francesca. Non ne potevo più. Sono sicura che, agli occhi di un esperto in materia, la collezione possa togliere il respiro, ma a me ha provocato solo un immenso senso di noia.
Se in parte ciò è dovuto alla mia grandissima ignoranza in materia, che tuttavia mi permette sonni tranquilli, una grande responsabiltà è anche di chi ha curato l'allestimento, sempre che qualcuno lo abbia curato. E la stessa sensazione l'ha avuta anche uno dei redattori della guida su Taiwan della Lonely Planet che, magari con più garbo della sottoscritta, esprime, comunque, lo stesso disappunto.
Io ho avuto la netta sensazione che si siano limitati ad aprire gli scatoloni e a buttare un po' tutto alla rinfusa in bacheche che avrebbero bisogno di una rinfrescatina, con targhette e pannelli esplicativi che sembrano malamente copiati da wikipedia.

Ci ho comunque provato. Mi sono presa anche l'audioguida che prometteva di spiegarmi vaso per vaso, buddha per buddha. Peccato che anche con le cuffie incollate all'orecchio ed il volume al massimo, non si sentisse un'emerita cippa, grazie a gruppi di cinesi starnazzanti guidati da nanetti e nanette armati di microfoni e con il solito bastoncino fosforescente per non perdere il gregge.
Ma anche nei nostri musei più sfigati, e cito Lady Ariberth, è buona norma tacere !
Assordate ed infreddolite da un'aria condizionata talmente forte che ho temuto si mettesse a nevicare, siamo arrivate esauste all'ultimo stanzone di piatti e piattini, con un desiderio fortissimo di goulash e polenta. Peccato che fuori ci fossero 36 gradi.

Abbiamo concluso il pomeriggio in un grande magazzino con le solite commesse gentilissime ma totalmente "addormute" che, alla più banale domanda in inglese, ti guardano come se fossi un marziano sbarcato da chissa quale pianeta. Ragazzi, io vi sono anche affezionata, ma vi dovete dare una svegliata ! 
Persino Lady Ariberth ha rinunciato al suo inglese oxfordiano per uno più stile semplice e apache io, Lady Ariberth, volere tuo totem, senza tuttavia cavare un ragno dal buco. Frequenti sono diventati i suoi : ma cacchio, è possibile che siano così tonti ?
Del resto qui lo sono anche le zanzare che ti lasciano tutto il tempo di schiacciarle. Ed i semafori. Bisognerebbe consigliare uno studio che metta in relazione la velocità dei semafori di un paese con la scaltrezza dei suoi abitanti. Qui non solo sono lentissimi ma c'è additittura il countdown dei minuti che mancano allo scattare del rosso o del verde, dovessi, per qualche minuto, attivare i tuoi neuroni.
E di posti con i semafori lentissimi ne conosco due : Taipei e Ginevra. E infatti ...


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