Shabbat shalom

Il sole tramonta e inizia shabbat !

Per anni questa cosa del fine settimana anticipato l'ho trovata scomoda e ridicola. Quando poi ho lavorato con degli Israeliani dall'Italia il fatto che mi chiamassero di domenica mi mandava in bestia.
Adesso che viviamo qui, i miei figli vanno a scuola normalmente dal lunedì al venerdì e quindi ce li ho sul gobbo la domenica quando, invece, il coniuge va in ufficio. 
In compenso il venerdì, e questo dovrebbe essere il plus, avremmo a disposizione metà giornata tutta per noi, senza figli tra i piedi, ma uno risponde a chiamate di lavoro dal resto del mondo che il venerdì invece lavora, e l'altra partecipa a riunioni che la scuola organizza proprio quel giorno lì.
Ci ritroviamo tutti e quattro insieme solo il sabato o shabbat come si dice da queste parti.

Per gli ebrei osservanti, Shabbat, che in ebraico significa "riposo" o "astensione", non è il giorno dello shopping, del cinema e della pizza ma piuttosto quello in cui, secondo le sacre scritture, Dio si è accasciato sul divano con una birra, stravolto dopo sei giorni impegnati a creare il mondo. E per questa ragione  è una giornata dedicata al riposo e al fancazzismo più totale : non si guida, non si accendono gli interruttori, non si guarda la televisione, non si risponde al telefono e, nei casi più estremi, non si strappa nemmeno la carta igienica. 

Quest'estate in albergo, dove siamo rimasti parcheggiati per due settimane prima di trovare casa, ho preso una volta per errore l'ascensore impostato automaticamente per shabbat e ci ho messo una vita ad arrivare a destinazione perché si fermava ad ogni piano. Ad attenderlo una lunghissima fila di persone convinte che Dio si sarebbe risentito se avessero chiamato quello di fianco ovviamente vuoto.
La mattina, a colazione, la macchina per farsi il caffè o il cappuccino era spenta e coperta. Why ? Because it's shabbat.

Un'altra cosa a cui bisogna abituarsi è che i giorni di festa del calendario ebraico iniziano e finiscono con il tramonto del sole.
Il che significa che il venerdì pomeriggio, verso le quattro, il paese, salvo rare eccezioni, chiude e riapre la sera dopo verso le cinque.
La sensazione di quiete e tranquillità che avvolge la città il venerdì pomeriggio è palpabile. Il traffico si riduce, gli animi si calmano e la gente, infilato un paio di scarpe comode, va a farsi una passeggiata lungo il mare oppure prepara la tavola per ricevere parenti e amici a cena.
All'imbrunire, nelle case si accendono le luci e l'aria è satura di un'atmosfera intima e serena, quasi inebriante, forse perché così in antitesi con l'immagine di perenne tensione a cui questo paese è sempre associato.

Abbiamo avuto recentemente occasione di trascorrere il pranzo di shabbat nella casa di una famiglia religiosa, non di quelle estreme con ricciolini e cappello nero per lui e parrucca per lei, ma comunque osservante.
Il giorno prima ho chiamato a rapporto i due nani per intimare loro, anche se avessero visto delle cose un po' inconsuete, di tacere e di evitare le solite smorfie ed esclamazioni infelici del tipo : this is weird! , tipiche dell'attuale repertorio semi demenziale di M.

Siamo arrivati in macchina nel quartiere residenziale di una piccola cittadina non lontana da Tel Aviv dove la maggior parte dei residenti sono osservanti e quindi appiedati durante shabbat. Gli sguardi attoniti che ci hanno rivolto i passanti mi hanno fatto sentire come una marziana in visita al pianeta Terra. 
Siamo stati accolti con calore dai padroni di casa e dai loro cinque figli, quattordici anni la più grande e cinque il più piccolo, con cui i miei hanno subito rotto il ghiaccio.
Ci siamo seduti tutti intorno alla tavola imbandita con piatti deliziosi cucinati il giorno prima e riscaldati al momento nel forno provvisto di autoaccensione. Dopo qualche preghiera borbottata inizialmente sotto la luce di un bellissimo lampadario dal design contemporaneo ma con timer impostato sia per l'accensione che per lo spegnimento, abbiamo finalmente iniziato a mangiare. 
E' filato tutto liscio e sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla partecipazione attiva dei loro figli alla conversazione degli adulti, senza sguardi annoiati ma piuttosto svegli e sorridenti. Sicuramente, oltre alla buona educazione,  il divieto rigoroso di connettersi online per ventiquattro ore contribuisce a limitare le distrazioni e a favorire le chiacchiere.
Trovo che questo sia, con il divieto di cucinare, regola che peraltro io osservo non solo il sabato ma durante l'intera settimana, uno degli aspetti di shabbat che non mi dispiacerebbe introdurre anche in casa mia.

Allo spegnimento automatico del lampadario sopra le nostre teste, 
la conversazione si è interrotta, i bambini sono andati a giocare e la tavola è stata sparecchiata. Abbiamo capito che era giunta l'ora di menare le tolle e siamo stati congedati senza troppi complimenti. Shabbat sarebbe proseguito con preghiere e rituali che non prevedevano la nostra partecipazione. Dopo tutto intrattenere degli ospiti, in più miscredenti o goy, può essere un'attività anche più faticosa del pigiare l'interruttore della luce.

Tornando a casa, nella quiete delle strade che si sarebbero ravvivate nel giro di poche ore, ho pensato alla fortuna che comunque ho nel potermi avvicinare a culture e a persone diverse da me e da quello che ho sempre pensato fosse l'unico modo di vivere e di guardare al mondo. Ci sono stili di vita e modi di pensiero che continuo a non capire e a non condividere ma è come se mi aggirassi in un mercato di cianfrusaglie, alla costante ricerca di qualcosa che mi colpisca e da portare via.
E così, come ho imparato a bere acqua calda e a togliermi le scarpe quando entro in casa mia o di qualsiasi altra persona, adesso mi godo la calma del venerdì pomeriggio e se posso cerco di dedicare 24 ore, piuttosto che allo shopping in centro o a whattsup, alla lettura e alla mia famiglia. Il tutto, ovviamente, senza toccare una pentola.











Commenti

Post più popolari