Weekend lungo ad Hanoi




È passata una manciata di giorni dal nostro rientro da Hanoi. Gran finale con una cooking class che il zelante giovanotto della reception dell’albergo ci ha prenotato dicendo che sarebbe durata quattro ore. Lunga ma abituata ormai alle previsioni cronologiche inaffidabili del sud est asiatico - o esageratamente lunghe o corte - non ho approfondito la questione più di tanto. Quando però alle 10.15 del mattino, dopo una sostanziosa colazione in hotel, ci siamo trovati seduti intorno ad una tavola imbandita con piatti preparati da noi, certo, ma che avrebbero potuto sfamare l’intera città vecchia, ci è venuto un attimo di sgomento. Forse avrei dovuto approfondire.
Ido e Tommaso si sono categoricamente rifiutati di assaggiare involtini fritti con verdure, pollo con peperoni e insalata di mango. Matteo ed io, gli educati, dopo un bel respiro ci siamo sacrificati per non offendere lo chef con cui avevamo cucinato, un giovane ragazzo glabro in ciabatte
Il mio grande momento di sgomento è stato in realtà un altro: la spesa al mercato. Perché mi immaginavo il solito mercato con bancarelle disposte all’interno di una struttura più o meno sofisticata. Invece il mercato era per strada. Verdure, frutta e carne erano disposte, anche con ordine, ma per terra o, nella migliore delle ipotesi, appoggiate sui soliti mini sgabelli di plastica. Carne e pesce avevano comunque un buon aspetto, fresco ma per i clienti esigenti i polli potevano essere sgozzati al momento e i pesci presi a mazzate sulla testa. Chissà quanti turisti avranno lasciato Hanoi vegetariani.
La spesa ha avuto anche il suo quotidiano risvolto avventuroso nel cercare di non farsi investire dalla miriade di motorini che facevano lo slalom fra bancarelle e pedoni.
Come a Ho Chi Min City - io preferisco chiamarla Saigon - ad Hanoi l’amministrazione municipale non crede nella segnaletica stradale e nei marciapiedi. Una strategia di traffico fluido dove si avanza e si evitano incidenti costanti a colpi di clacson. I semafori, pochi, sono stati distribuiti a caso nei punti più inutili e comunque non vengono rispettati. I motorini sono il mezzo ideale per trasportare tutti, dal single alla famiglia di quattro persone, e in certi casi raggiungono la capienza di un Ducato su due ruote. Le persone anziane preferiscono la bicicletta che cavalcano con il classico capellino a cono o con quello dei Vietcong.
La città è “stranamente” caotica ma viva e allegra. Le strade del quartiere vecchio sono un salotto a cielo aperto, con la gente assiepata lungo le strade su scomodissimi sgabelli di plastica colorata a bere caffè. Credo che a casa non ci stia nessuno. I francesi hanno lasciato oltre a dei bellissimi edifici, oggi un po’ decadenti, l’arte della pasticceria. Pane e dolci sono buonissimi ad Hanoi e costano pochissimo. La cucina vietnamita resta una delle mie preferite o almeno lo era prima di sapere dove si va a fare la spesa.
Non ci siamo fatti ovviamente mancare l'inevitabile gita ad Halong Bay, sito UNESCO a tre ore di macchina da Hanoi. Panorama inusuale con questi pandori calcarei preistorici che emergono dall’acqua come dorsi di draghi e infatti, se il mio vietnamese non mi inganna, Ha Long significa proprio “descending dragon” o drago in immersione.
A guidarci alla scoperta di Ha Long Bay, Peter non Pan ma sicuramente Nam perché statisticamente tutti gli uomini che abbiamo conosciuto alla domanda “come ti chiami” hanno blaterato qualcosa per poi dirci chiamami Nam. Peter Nam ha sussurrato tutta la giornata nel microfono che aveva al collo. Non ha mai capito che per farsi sentire meglio avrebbe dovuto solo alzare la voce invece di accanirsi sui pulsanti che controllavano il volume di microfono e altoparlanti. Però era gentile e sorridente e quindi a noi bastava così.
Gentile e sorridente invece io ho smesso di esserlo domenica pomeriggio post cooking class e pre volo di rientro nella nostra città resort.
Ho cominciato a non sentirmi bene, e con la testa nel pallone e il corpo indolenzito, tutta la poesia della danza ronzante di motorini e clacson si è trasformata in una cacofonia insopportabile. Esasperata, ho cominciato a camminare in mezzo alla strada lanciando imprecazioni in italiano e obbligando il traffico di Hanoi a starmi dietro. La mamma non sta bene - hanno commentato i miei figli arguti mentre Ido cercava di trascinarmi via prima che lo facesse qualcuno altro. Peccato perché è stato un distacco meno romantico di quello da Saigon e mi è dispiaciuto. Però che lusso vivere in una città con i marciapiedi.  

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