Io speriamo che me la cavo
Qualche settimana fa sono andata a parlare con le maestre dei miei figli.
Il giorno dei colloqui i genitori vanno a scuola al posto degli studenti che restano a casa a cazzeggiare, una cosa che non ho mai capito ma che evidentemente aiuta la scuola a organizzare in modo più veloce ed efficiente l’incontro fra chi i figli li cresce e chi, invece, li istruisce … forse.
Mr M e Mr T vanno alla scuola americana e hanno sempre frequentato delle scuole anglofone con l’unica eccezione di Taipei dove Mr M ha fatto due anni in un asilo cinese.
Mi sono sempre trovata bene anche perché, fino alla prima elementare, più che giocare con il pongo, il lego e imparare a leggere e a scrivere il proprio nome non facevano.
Anzi li invidiavo ripensando a quel lager delle suore a Milano dove ero stata iscritta io e che ha contribuito al mio progressivo agnosticismo.
Poi Mr M è entrato in 1st grade, che è poi la nostra prima elementare, in una scuola internazionale di Shanghai e ho cominciato a fare i paragoni con la scuola elementare pubblica di Via Ariberto che avevo frequentato io qualche anno prima.
Bene, le materie si chiamano diversamente anche perché non sono più le stesse, tranne forse matematica, arte e musica. La stessa matematica, però, è insegnata in modo completamente diverso. Adesso si usano le strategies ossia degli stratagemmi che dovrebbero insegnare ai bambini a fare velocemente a mente dei calcoli molto complessi. Io sto ancora aspettando di vederne il risultato. Se chiedo a Mr M, 9+8 cosa fa ?, prima mi fissa, poi mi ripete i numeri per essere sicuro di aver capito ma sostanzialmente per prendere tempo e poi mi dice ok quindi, aspetta, che penso alla strategy.
E’ così passa mezzora prima di avere il risultato, ovviamente sbagliato.
Le prime volte mi spazientivo, lo obbligavo a sedersi, a prendere un pezzo di carta a quadretti, a incolonnare i numeri, tirare una riga e a fare i conti. Poi la sua maestra di Shanghai mi ha rimproverato garbatamente perché in questo modo sembrava che lo confondessi ancora di più e allora ho battuto in ritirata in attesa del miracolo. Ho cercato di informarmi su queste strategies, di studiarle per aiutarlo ma il mio cervello ha incrociato le braccia e mi ha detto perentorio MAGARI ANCHE NO.
Mi sono allora buttata sulla grafia, un aspetto che mi sta molto a cuore perché ho una passione per la grafica e la comunicazione visiva. I numeri scritti male e ad altezze diverse come se i quadratini fossero un mero elemento decorativo mi hanno sempre fatto venire i cinque minuti. Sarà che da bambina ho passato ore a ricopiare in bella calligrafia pagine e pagine di quaderno che, alla prima imperfezione, venivano stracciate dall’autorità in casa. Forse cerco solo vendetta. Ma i quaderni non esistono più, almeno nelle nostre scuole. Al loro posto fogli svolazzanti scritti a matita che arrivano a casa sporadicamente con commenti incoraggianti delle maestre, WELL DONE, GOOD JOB che, a un certo punto, ho pensato fossero sarcastici.
Insomma non si capisce più un tubo. Mr M ama scrivere e mi arrivano delle storielle anche brillanti ma che richiedono un lavoro di decodificazione che manco il Codice da Vinci.
Insomma non si capisce più un tubo. Mr M ama scrivere e mi arrivano delle storielle anche brillanti ma che richiedono un lavoro di decodificazione che manco il Codice da Vinci.
Il controllo dello spelling è un altro dei miei pallini a cui però nessuno a scuola sembra dare troppa importanza. In 1st grade la maestra mi aveva spiegato che preferiva lasciare libero l’esprit creativo dei bambini ed incoraggiarli ad utilizzare delle parole nuove senza sentirsi vincolati dallo spelling che, tanto, prima o poi avrebbero figured out. Più "poi" che "prima" visto che sono passati due anni e lo stiamo ancora figuring out.
Venerdì, al colloquio, mi sono permessa di introdurre nuovamente l’argomento e mi è stato detto che il lavoro sullo spelling detto anche words check si fa su un libro a parte dove gli studenti devono scrivere correttamente determinate parole. Invece nei writings si continua a lasciar correre la creatività degli studenti senza correggere gli errori di stampa. Mah ?!
E cosi anche in geografia o meglio in WHERE IN THE WORLD.
Ho assistito ad un bellissimo lavoro con carte geografiche preparate dalla classe di Mr M e, a parte sentirmi dire da un compagno di Mr M che il Duomo castle è a Milano, ho scoperto che la capitale di Israele è JRSLUM e non Jerusalem. Non c’è che dire, they will figure it out.
In compenso in arte fanno dei lavori bellissimi, in musica imparano a suonare gli strumenti, durante educazione fisica vanno in piscina e all’intervallo giocano a calcio in un campo regolamentare. La parte di attività all’aperto è consistente anche per via di un clima meraviglioso che, a parte un paio di settimane all’anno, ti permette di stare sempre fuori. Il campus assomiglia più a un resort turistico che a un complesso scolastico.
Anche l’attività didattica normale si fa un po’ in classe e un po’ no, un po’ seduti sulla sedia e un po’ sdraiati per terra.
Insomma è pur sempre il sistema di educazione americano che, anche in passato, sembrava cosi cool nei film con gli studenti in giro per i corridoi perché il cambio d’ora significava cambio di classe, la pausa pranzo in mensa ed un rapporto con gli insegnanti meno reverente del nostro. Adesso che per i corridoi ci sono i miei figli, la cosa mi sembra decisamente meno cool. E allora perché non cambi loro scuola ? Perché nel perpetuo spostamento che caratterizza la nostra esistenza, lo stesso tipo di scuola ha rappresentato per Mr M e Mr T un punto di riferimento imprescindibile che li ha aiutati ad ambientarsi velocemente in ogni posto nuovo. Senza contare che ci vanno super volentieri e si sono fatti un sacco di amici.
Anche l’attività didattica normale si fa un po’ in classe e un po’ no, un po’ seduti sulla sedia e un po’ sdraiati per terra.
Insomma è pur sempre il sistema di educazione americano che, anche in passato, sembrava cosi cool nei film con gli studenti in giro per i corridoi perché il cambio d’ora significava cambio di classe, la pausa pranzo in mensa ed un rapporto con gli insegnanti meno reverente del nostro. Adesso che per i corridoi ci sono i miei figli, la cosa mi sembra decisamente meno cool. E allora perché non cambi loro scuola ? Perché nel perpetuo spostamento che caratterizza la nostra esistenza, lo stesso tipo di scuola ha rappresentato per Mr M e Mr T un punto di riferimento imprescindibile che li ha aiutati ad ambientarsi velocemente in ogni posto nuovo. Senza contare che ci vanno super volentieri e si sono fatti un sacco di amici.
Recentemente quando ho raccontato ad un team di architetti americani, che si vanta di pensare e progettare la scuola del futuro, che sono stata seduta ad un banco fino alla fine del liceo, mi hanno guardato increduli e con compassione. Manco per nulla. A me piaceva avere il mio posto, i miei compagni di banco; era una cosa che mi dava sicurezza.
Non era l’arredo a creare antitesi fra alunni e professori perché sostanzialmente dipendeva dal carattere di questi ultimi. Ce n’erano di più cool e simpatici e di cerberi autoritari.
Adesso invece si crede che trasformando l’aula in uno spazio fra una sala gioco e il lounge di un aeroporto i bambini possano imparare più volentieri. A stimolare poi il loro apprendimento non sarà più un individuo in carne ed ossa quanto la tecnologia attraverso l’arida presenza di schermi.
Del resto lo svilimento del ruolo dell’insegnante ce lo siamo voluti proprio noi genitori millennial. Ogni volta che parlo con le maestre devo rincuorarle e promettere loro che non le denuncerò dovessero dirmi qualcosa di negativo sui miei figli.
Del resto lo svilimento del ruolo dell’insegnante ce lo siamo voluti proprio noi genitori millennial. Ogni volta che parlo con le maestre devo rincuorarle e promettere loro che non le denuncerò dovessero dirmi qualcosa di negativo sui miei figli.
Dal concetto l’insegnante ha sempre ragione siamo passati all’opposto lo studente ha sempre ragione con episodi preoccupanti di insegnanti aggrediti dai genitori per un voto basso o di studenti che insultano i professori in classe e restano impuniti.
Trovo tutto ciò molto più grave di spelling scorretto o di addizioni sbagliate.
Ho avuto dei professori da prendere e confinare su di un’isola deserta, degli esseri umani di un’aridità incredibile che mi hanno fatto odiare delle materie che ho poi riscoperto più tardi, ma ne ho avuto anche altri di validissimi che mi hanno motivato, ispirato e fatto scoprire delle cose di me stessa che mi hanno aiutato in maniera sostanziale nella vita. Ho subito ingiustizie, ho lavorato duro, ho preso voti bassi, sono stata criticata, sono stata elogiata, ho riso, ho pianto, mi sono incazzata. Insomma la scuola mi ha preparato per la vita. Mi chiedo se sarà così anche per Mr M e Mr T.
Scuola australiana, più o meno la stessa storia! Ai posteri l'ardua sentenza ����
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