Roger il taxista

Non potevo ricominciare la stagione 2016 di qui(nonè)taipei in modo migliore. Oggi è una giornata da blog e la cosa migliore è che, mentre scrivo, sono ancora solo le dieci del mattino.
Ci siamo svegliati con il cielo grigio e l'acqua a tamburo battente. Come direbbe Matteo, si vede che l'omino della pioggia di Gianni Rodari si è addormentato lasciando i rubinetti aperti da ieri.
Pioggia significa lasciare il passeggino a casa, nascondere Tommaso in una generosa mantellina rossa con una coccinella cucita sulla schiena, infilare gli stivali e, nel caso in cui l'autobus tardi, fermare un taxi.

Ora fermare un taxi qui a Nuiok non è esattamente come nei film che alzi il braccio e ne trovi subito uno. Durante i primi mesi, il braccio si è intorpidito diverse volte nella vana speranza che almeno una delle vetture gialle che mi sfrecciavano davanti, mi considerasse. Poi, grazie a suggerimenti e letture, ho capito che bisognava segnalarsi solo a quelli con il numero illuminato sul tetto e quindi perfettamente inutile sforzare gli arti superiori in caso contrario. 

Adesso, dopo diversi mesi di allenamento, sono diventata super scaltra e credo di avere anche ricuperato diverse diottrie perché adocchio taxi liberi a chilometri di distanza.
La cosa si fa un attimo più complicata quando, come stamane, all'angolo fra la 86ma strada e Amsterdam Avenue, dove vivo, trovo un altro individuo, in questo caso, tipica donna nuiokkese snob con occhiale da sole chic nonostante il grigiume abbondante, in attesa di un taxi.
In questa situazione scatta in me un istinto competitivo incontrollabile percui diventa una priorità esistenziale trovarne uno prima e bruciare l'antagonista.
La vedo agitare il braccio fissando sempre nella stessa direzione senza pensare, cosa tipica da queste parti, che trovandosi ad un incrocio i taxi possano arrivare da, non una, non due bensì tre direzioni diverse. 

Decido così di adocchiare quelli in provenienza da Central Park lungo la 86ma strada e, infatti, dietro ad un autobus ecco comparirne uno inequivocabilmente librto. Gli faccio un cenno e l'autista rallenta. Prendo Tommaso per mano e mi avvicino quando vedo la tipa superarmi puntando verso la stessa vettura. 
Il taxista la ignora, io le intimo di fermarsi e lei si gira risentita dicendomi che lo aspettava prima di me o, come si usa da queste parti, che she was first in line. La guardo sarcastica, ma di quale coda sta parlando ? Mia cara signora in questo caso il concetto di coda, e sono pronta ad andare in tribunale, non è applicabile. Ma come ? Voi mi insegnate che qui ognuno per i fatti propri, non si saluta in ascensore, non si condividono informazioni però poi se io, povera immigrante italiana ma scaltra, trovo il taxi prima di lei glielo devo cedere ? A Milano si dice "attaccati al tram" e a Milano, se preferisce, per i taxi si fa la coda. 

Salgo finalmente a bordo, il taxista mi sorride e mi racconta che sta rientrando a casa ma visto che vado uptown mi porta comunque. Lo ringrazio ed un minuto dopo lo vedo girarsi verso di me con gli occhi sgranati : Ma non ci credo, sei italiana ! 
Diciamo che quella, forse, più incredula ero io perché Roger, questo il suo nome, è di origine africana e quindi difficilmente avrei potuto pensare che fosse originario di Brescia città che ha lasciato perché "l'Italia è bella ma qui si guadagna molto di più".
Insomma ci saremmo abbracciati. Quella manciata di minuti di conversazione nella nostra lingua madre fra la 86ma strada e la 96ma sono stati così piacevoli, nonostante due mondi, i nostri, così diversi.
In quel taxi ci siamo sentiti uniti da uno stesso spirito e da un comune modo di vedere la città che ci ospita.
Mentre chiacchieravamo, Tommaso sghignazzava come un pazzo contagiato dalla frizzante musicalità di una lingua che è convinto parli solo io, i nonni e gli zii. Quando siamo scesi mi ha guardato : Mamma very funny quel signore parla come te ! 

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