Una di loro ... forse


E' con una certa emozione che vi comunico di essere finalmente entrata in possesso del Cartis Moadon del mio supermercato di fiducia, praticamente la carta Fidaty dell'Esselunga. 
Tale privilegio mi è stato concesso dopo diciotto mesi dal mio approdo in Crazyland quando finalmente si sono convinti a farmi diventare ufficialmente una residente del paese più ambito al mondo dopo la Svizzera ...

E già, perché se a Taiwan, in Canada, negli Stati Uniti e in Cina nel giro di qualche settimana ho subito ricevuto il mio permesso di residenza, in Crazyland nonostante sia sposata da tempo ad un cittadino di questo paese, che è anche il padre dei miei figli, con cui condivido letto, beni e conti in comune, niente, non si fidavano. Perché ? Invece della batmizvah ho fatto la cresima. Sono un'outsider per di più italiana. Che cosa diavolo ci fa qui ? si saranno chiesti e forse anche a ragione.

E' così che nella mia vita sono entrati due nuovi personaggi che spero anche ne escano presto : Daniel, l'avvocato e Miri, la funzionaria dell'ufficio immigrazione.

Daniel, giovane praticante in completo nero e kippah in testa, ci ha seguito nella pratica di regolarizzazione della mia posizione, chiedendoci di fornire una quantità di documenti che nemmeno in Italia nel peggiore dei casi. 

Ovviamente tutta una serie di papiri ufficiali sono dovuta andare a procurarmeli negli uffici pubblici del mio amato paese natale ed uno in particolare, la fedina penale, addirittura in tribunale. 
Il resto invece l'ho recuperato spulciando il mio archivio personale. Per dimostrare, infatti, la veridicità del mio matrimonio con lo spilungone, come se dieci anni di matrimonio e due figli fossero una pura farsa, ho dovuto tirare fuori album fotografici, chiedere lettere di testimonianza a familiari e amici e raccogliere qualunque altro documento comprovasse la nostra unione.
E così Daniel, da perfetto sconosciuto, è venuto a sapere cose su di noi che nemmeno i nostri amici più stretti.
Ovviamente dopo un paio di incontri ho cominciato a perdere la pazienza con Iduzzo che mi appoggiava la mano sulla gamba non appena sentiva odore di scenata, Anna tranquilla altrimenti no permesso.
Potete immaginare quando, dopo aver esaminato e registrato foto, lettere, diari degli ultimi vent'anni insieme, il tapino con la kippah ha alzato il naso e mi ha detto che mancava però il Certificate of Authorizations of personal status. Il what ??? Si, il certificato che attesta che io non fossi sposata prima di incontrare Ido. Gli ho fatto presente che tale informazione è presente nel certificato di matrimonio ma non c'è stato nulla da fare, ci voleva il certificate. Ho chiesto in ambasciata, in comune, ai servizi segreti ma nessuno aveva mai sentito parlare di questo documento.
Vabbé andremo all'appuntamento senza e speriamo ... - mi ha detto sospirando come se gli altri quindici chili di documenti non contassero nulla.

E' così che, più o meno dieci mesi dopo dal mio sbarco in Crazyland, in una tiepida mattina di maggio, abbiamo fatto il nostro debutto in uno degli uffici del Misrad Hapnim o Ministero degli Interni.

Stipati come sardine nella sala d'attesa all'ultimo piano di un tipico edificio locale che ha conosciuto tempi migliori, abbiamo atteso il nostro turno insieme ad un gruppo di altri extracomunitari come me ma in maggioranza di chiara provenienza africana. Tutti comunque accompagnati o dal proprio avvocato in completo nero e kippah o, come nel mio caso, anche dal proprio partner locale.
Ci ha accolti Miri, una donna sul viale del tramonto, vestita a caso e con una folta chioma di capelli neri spettinati che si scostava nervosamente ogni cinque minuti per evitare che il frangione rimasse incastrato nella vistosa montatura degli occhiali rossa.
Comprensibilmente annoiata da un lavoro che molto probabilmente ha fatto per gli ultimi quarant'anni, non le è parso vero di avere finalmente per le mani una storia un po' diversa dal solito, quella di una cittadina italiana non ebrea interessata a vivere in Israele.
Come darle torto ? Si è tuffata nello scatolone pieno della mia vita con determinazione, alternando a commenti inerenti alla pratica, lunghe digressioni sulla sua esperienza in materia di immigrazione.
Mentre vomitava parole non stop, ho capito finalmente il perché di quella lunga coda in sala d'attesa.
Io sono rimasta impassibile, connettendomi e sconnettendomi da quello tsunami verbale in ebraico, rispondendo a qualche domanda ma soprattutto cercando di non cedere alla forte tentazione di alzarmi, guardarla negli occhi e dirle - ma secondo lei, io che vengo dall'Italia, ho fatto tutto sto casino di sposarmi, avere due figli, cambiare quattro continenti solo per avere un giorno il pretesto di immigrare in Crazyland ??? Paese che mi piace e in cui mi trovo bene ma che sicuramente non domina le classifiche delle destinazioni più ambite al mondo. Sono stata zitta mentre Iduzzo cercava di ingraziarsela mostrandole con entusiasmo le foto dei nostri viaggi insieme. Sembrava che l'avessimo quasi conquistata con i particolari della nostra storia in fondo quasi romantica, quando si è accorta che mancava però qualcosa ... il famoso Certificate of Authorization of personal status. Non ci ho visto più. Con le dita di Iduzzo serrate intorno alla mia coscia, nella vana speranza di reprimere il mio istinto omicida, mi sono proiettata sulla scrivania, ho afferrato la busta trasparente con dentro tutti i documenti, ho estratto il certificato di matrimonio tra l'altro con traduzione in inglese sul retro, apostilla del notaio e quant'altro e le ho detto - E' tutto scritto qui. Il mio dannatissimo cognome prima di sposarmi era il mio da nubile. Non avevo un marito precedente, anche perché se lo avessi avuto non avrei mai commesso lo stesso errore due volte, scegliendo in più un israeliano (questo pensiero ho deciso in extremis di non condividerlo).
Miri ha borbottato qualcosa ma alla fine mi ha appiccicato sul passaporto un adesivo che mi avrebbe finalmente permesso di risiedere in Israele per sei mesi. Ci saremmo riviste a novembre per rinnovarlo e, ovviamente, per depositare anche quel dannatissimo Certificate of Authorization of personal status che non mi restava altro che far falsificare dai cinesi. Avevo vinto una battaglia ma non la guerra.

A novembre, ci siamo quindi ripresentati con il nostro scatolone degli ultimi vent'anni all'ultimo piano dell'ufficio del Misrad Hapnim. La tensione era alle stelle. Nessuno ne parlava ma era chiaro, a partire da quel disfattista di Daniel l'avvocato, che il rinnovo del mio permesso, e questa volta per un anno con rilascio di carta di identità, era a rischio perché anche i cinesi non erano riusciti a trovare un Certificate of Authorization of personal status da copiare. Io ero finalmente pronta a dare un senso alla mia fedina penale.

Seduti davanti a Miri, abbiamo atteso che ci mettesse a fuoco, nella speranza che si ricordasse di noi onde evitare di mettere di nuovo mano alle foto del mio primo viaggio in Israele con qualche chilo in meno nel mio caso e decisamente più capelli in quello di Iduzzo.
Dopo qualche minuto di imbarazzo, la logorroica Miri ha finalmente avuto un'illuminazione e annuendo all'avvocato disfattista che le faceva un sunto della nostra storia, si è messa di nuovo a spulciare il nostro dossier. La mano di Iduzzo era preventivamente già serrate intorno alla mia coscia, quando eccola estrarre il nostro certificato di matrimonio. Nella stanzetta spartana con vista appannata sul mare da una minuscola finestra con vetri probabilmente non puliti dal debutto professionale di Miri, era calato il silenzio. Stabilizzando la montatura degli occhiali sul naso e scostandosi di nuovo il frangione, Miri ripassa con l'indice tutte le informazioni contenute nel documento e si ferma. Sono pronta all'attacco, Iduzzo mi stringe la coscia, l'avvocato sbianca. Miri gira finalmente il foglio per leggere la traduzione in inglese del documento e annuisce - Ok perfetto. Qui è proprio indicato che il cognome da nubile era ... e quindi direi che non c'è problema. Abbiamo tutto quello ci serve. 
Iduzzo molla la presa, l'avvocato riprende a respirare, io vorrei insultarla comunque per avermi fatto girare tutti gli uffici pubblici italiani, i consolati, le ambasciate e quasi anche il settore della contraffazione cinese, quando avrebbe semplicemente dovuto ascoltarmi e leggere con attenzione.
Sono uscita dall'ufficio all'ultimo piano del Misrad Hapnim con in mano una carta di identità nuova di pacca che mi sarebbe servita per fare finalmente la carta Fidaty del supermercato di fiducia. Sono soddisfazioni impagabili che mi regala la mia vita da zingara perenne. 
Rivedrò Miri a novembre per il rinnovo. Se dovesse anche solo fare un accenno al Certificate of Authorization of personal status credo che il mare lo rivedrò attraverso le grate della finestra della cella in cui mi rinchiuderanno per omicidio.








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