Grand Tour : Part 1

La prima tappa del Grand Tour estivo è stata Genève, dove sono andata a trovare il bue, il serpente ed il maiale.
Un breve soggiorno rinfrancante senza Ming, affidato alle cure premurose di Lady Ariberth, nella veste inconsueta di Mary Poppins.
Che spasso. Qualche telefonata a casa per smorzare i sensi di colpa (pochi) per l'abbandono del puero e poi libertà, assenza di orari e cazzeggio. Credo che tutto ciò mi capiterà di nuovo fra non meno di due anni.

Non mi sono mai goduta così tanto il viaggio in treno e, abituata al paesaggio urbano taiwanese, ho trovato quello svizzero più bello che mai. Posti come Sierre, Sion ed Aigle potrebbero benissimo essere siti protetti dall'Unesco.
Ginevra, verde e radiosa grazie a delle giornate di cielo terso, è diventata invece una città pericolosa. Una città vera, enfin.
Borseggi ai semafori e nei ristoranti, mendicanti per strada, aggressioni notturne e tanti drug dealers pronti ad offrirti un po' di erbetta per tirarti un po' su.
In giro ci sono anche tanti ricchi petrolieri arabi, in vacanza con barbamogli (con il burka sembrano dei barbapapà) e prole. Per comodità si portano da casa anche le proprie auto ed i mobili. Del resto, come dar loro torto.
Talvolta, se non fosse per il lago e le montagne, si ha la strana sensazione di essere a Dubai.

I ginevrini sono, come sempre, molto "espansivi" e "loquaci" : salut, ça va ? oui ça va. Super, à bientot.
Ho solo trovato il servizio nella ristorazione decisamente peggiorato. I camerieri sono di una lentezza esasperante. Non solo ci mettono dai trenta ai quaranta minuti per individuarti come nuovo cliente, per poi dirti : Bonjour, voulez-vous boire quelque chose ? No, ci siamo seduti per fare una partita a rubamazzo, ma non brillano nemmeno nelle fasi successive alla commande. Sto ancora aspettando che mi portino delle noccioline da accompagnare al jus de tomate di sabato scorso ! 
E talvolta sono persino sgarbati : Voulez-vous commander ou bien ? oppure quando, finalmente, ti portano il tanto atteso cappuccino, ti guardano risentiti come se si aspettassero un abbraccio o un bacio sulla bocca di ringraziamento. Ti capita anche di essere rimbalzato dai gestori dei locali perchè, magari sono già le otto di sera, e la cucina sta per chiudere oppure sei munito di passeggino e quindi indesirable. La proprietaria di un ristorante, per farci desistere, era pronta a ricorrere alla scusa di clienti infetti o pedofili.

Evidentemente da loro non c'è crisi. Non come in Italia dove il servizio, salvo rare eccezioni, è sempre abbastanza veloce ed efficace. E forse, ora, ancora di più.
Al rientro, in treno, dato il tipo di passeggeri ho temuto che la destinazione finale fosse Doha più che Milano Centrale.
Tutti poi muniti di mega valigie da riempire con qualche giorno di shopping nella città della moda.
Di fianco a me, giusto per farmi sentire a casa, una distintissima signora dagli occhi a mandorla ma francofona.

In coda alle toilettes, ho assistito alla "discretissima" telefonata di una tipa dal marcato accento lombardo con occhiali e coda di cavallo, che raccontava ad un'amica la propria disavventura professionale : No, cioè io mi sono licenziata perchè rischiavo veramente il ricovero psichiatrico. Era troppo stressante. Non avevo un minuto ed ero sempre sottopressione (...) Ma niente ero seduta con delle cuffie ed un microfono (...), tipo call center. Si, si ero a Europe Assistance. Madonna, un lavoro allucinante. Tu pensa che magari dei clienti mi chiamavano al mattino per dirmi che bisognava recuperare la loro auto chissàdove. Insomma, ero esaurita.
Che dire ? Raramente mi è capitato di sentire di un lavoro più alienante di questo. Altro che catena di montaggio.
Il tutto, poi, condito da un tono di voce angosciato come se fosse inseguita da un serial killer o vittima di un intrigo internazionale. D'un tratto, la conversazione prende un'altra piega e si sposta su argomenti più personali : senti ma con Davide ? uhm, uhm, ho capito. Ma ... (e lì la voce scende di qualche decibel) il sesso ? 
A quel punto, però, la toilette era finalmente libera e, purtroppo, la mia priorità era diventata un'altra, seppur con un immenso rammarico. Quando sono uscita, la conversazione era terminata.

Ecco, questo mi manca molto a Taipei. Il breve coinvolgimento, talvolta involontario, nella vita di perfetti sconosciuti è per me impossibile in Asia. Un po' perchè la gente è molto discreta e, raramente, ti capita di vedere qualcuno starnazzare al cellulare come succede qui. Un po' perchè, se anche capitasse, non capirei un'emerita cippa. Peccato.
Mi ricordo di una domenica al ristorante quando è arrivato un gruppo di persone con una signora taiwanese che parlava decisamente a voce alta. Immediatamente tutti gli altri commensali hanno cominciato a lanciarsi occhiatine, fra l'infastidito e l'ironico, quasi volessero accordarsi per sollevarla di peso e buttarla fuori. 
Per un nano secondo ha sorpreso anche me. Poi, però, mi sarei alzata per abbracciarla e ringraziarla di farmi sentire di nuovo a casa.    

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